Sembra una banalità: la sicurezza sul lavoro bisogna volerla. Bisogna volere tornare a casa la sera senza essersi fatti male.
Il D.Lgs 81/08 aveva introdotto alcune novità rispetto al suo predecessore, il 626. In primis l'inasprimento delle pene la responsabilità del lavoratore (amministrativa e penale). Poi anche la definizione più puntuale degli interventi formativi obbligatori, sebbene il testo unico sia in continua evoluzione. Proprio questi ultimi però vengono considerati solo un peso, e vengono svolti solo per non incorrere in sanzioni, sanza pensare che certi eventi possono accadere e che si rischia di non poterle raccontare.
Ma dove sta l'intoppo? Di solito la chiave sta nel binomio "comportamento-contingenze": se ho l'obbligo di mettere gli occhiali protettivi mi affretto ad indossarli (comportamento), ma se i miei colleghi mi prendono in giro perchè sono ridicolo (contingenze) probabilmente non li indosserò più (ricaduta negativa sul comportamento).
Pertanto la sicurezza in azienda può essere riassunta in tre passaggi: sapere (la formazione), potere (gli strumenti a disposizione come i DPI) e volere. Ma come si fa a raggiungere il "volere"? Non è affatto semplice, ma un modo c'è. Vi faccio un esempio: sono il direttore generale di una società, e tutti conoscono la mia pretesa che i dipendenti di sesso maschile indossino la cravatta. Ad una riunione siamo in dieci, nove con la cravatta ed uno senza. Alla fine dell'incontro mi complimenterò con tutti, tranne che col dipendente sprovvisto di accessorio. Questo metodo di esclusione non punisce i comportamenti negativi ma premia quelli positivi. La logica conseguenza sarà la continua ricerca della perfezione, con una riduzione degli infortuni di dimensioni importanti. E se permettete, è un metodo di verifica dell'apprendimento di gran lunga più efficace di un test a risposta multipla.
Il D.Lgs 81/08 aveva introdotto alcune novità rispetto al suo predecessore, il 626. In primis l'inasprimento delle pene la responsabilità del lavoratore (amministrativa e penale). Poi anche la definizione più puntuale degli interventi formativi obbligatori, sebbene il testo unico sia in continua evoluzione. Proprio questi ultimi però vengono considerati solo un peso, e vengono svolti solo per non incorrere in sanzioni, sanza pensare che certi eventi possono accadere e che si rischia di non poterle raccontare.
Ma dove sta l'intoppo? Di solito la chiave sta nel binomio "comportamento-contingenze": se ho l'obbligo di mettere gli occhiali protettivi mi affretto ad indossarli (comportamento), ma se i miei colleghi mi prendono in giro perchè sono ridicolo (contingenze) probabilmente non li indosserò più (ricaduta negativa sul comportamento).
Pertanto la sicurezza in azienda può essere riassunta in tre passaggi: sapere (la formazione), potere (gli strumenti a disposizione come i DPI) e volere. Ma come si fa a raggiungere il "volere"? Non è affatto semplice, ma un modo c'è. Vi faccio un esempio: sono il direttore generale di una società, e tutti conoscono la mia pretesa che i dipendenti di sesso maschile indossino la cravatta. Ad una riunione siamo in dieci, nove con la cravatta ed uno senza. Alla fine dell'incontro mi complimenterò con tutti, tranne che col dipendente sprovvisto di accessorio. Questo metodo di esclusione non punisce i comportamenti negativi ma premia quelli positivi. La logica conseguenza sarà la continua ricerca della perfezione, con una riduzione degli infortuni di dimensioni importanti. E se permettete, è un metodo di verifica dell'apprendimento di gran lunga più efficace di un test a risposta multipla.
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